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VEDEVO SATANA PRECIPITARE DAL CIELO COME FOLGORE
I settantadue discepoli, mandati da Gesù ad annunciare la venuta del Regno di Dio, tornarono pieni di gioia, stupiti e ammirati per gli effetti benefici della loro missione, e dissero: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». Gesù rispose: «Vedevo Satana[1] precipitare dal cielo come una folgore[2]» (cfr. Lc 10,17-18). I Padri della Chiesa intuirono che queste parole di Gesù non si riferivano soltanto all’ingresso del Regno di Dio fra gli uomini – e alla conseguente fine, ormai imminente, del potere tirannico esercitato da Satana sulla umanità –. Esse intendevano anche rievocare un avvenimento ben preciso: la caduta iniziale di Satana e degli altri angeli ribelli, insieme con lui. La loro sconfitta si rinnova in ogni vittoria riportata dai discepoli sul nemico, fino alla sua totale e definitiva disfatta. Questa vittoria è opera di Gesù Cristo stesso e si realizza nel suo Nome: pronunciato dai suoi discepoli con fede, il Nome santo di Gesù costituisce la forza che fa precipitare nell’annientamento il potere di Satana estendendo così anche al mondo umano la sconfitta di Satana e degli angeli ribelli, avvenuta nel mondo angelico.
Molti Padri della Chiesa hanno inoltre riconosciuto, in queste parole di Gesù, un esplicito riferimento al testo del profeta Isaia 14,12-15, che, nella versione ebraica, dice, al v. 12: «Come mai sei caduto dal cielo, stella splendente del mattino, figlio dell’aurora?»[3]. Nel testo latino della Vulgata si legge: «Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell’aurora?» che corrisponde al testo della LXX (Settanta)[4] «heosfóros» cioè «portatore di luce». Prosegue poi il testo nella versione ebraica: «Come mai sei stato steso a terra, signore dei popoli? (v. 12b). Eppure tu pensavi: “Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione (v. 13). Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo” (v. 14). E invece sei stato precipitato nell’inferno, nelle profondità dell’abisso (v. 15)». A cominciare dai Padri, la predicazione cristiana, basandosi sulle parole di Gesù: «Vedevo Satana precipitare dal cielo come una folgore», si è servita di quel testo profetico per illustrare la caduta degli angeli ribelli. Le parole, rivolte da Isaia al re di Babilonia, furono infatti riferite anche al primo degli angeli, chiamato con il nome di Lucifero, proprio per indicare la condizione di Satana precedente alla sua irrimediabile caduta. I Padri insegnavano che, come il re di Babilonia per la sua superbia è passato dal suo grande splendore al disonore della sua nuova condizione, così, quello che era l’angelo più luminoso creato da Dio, è passato dalla grazia e dall’amicizia con Dio allo stato di dannazione, con la perdita di tutto il suo affascinante splendore, per aver voluto essere come Dio, ma contro Dio.
SIGNIFICATO DEL TERMINE LUCIFERO
Perché quell’angelo, poi decaduto, che era all’inizio il più luminoso fra tutti, fu chiamato dai Padri Lucifer? La versione latina della Sacra Scrittura, la Vulgata, sin dall’inizio ha tradotto l’espressione ebraica hêlēl di Isaia 14,12, che vuol dire splendente[5], con lucifer, termine latino che vuol dire portatore di luce. Il pianeta Venere la sera, dopo il tramonto del sole, era chiamato dai greci hésperos, dai latini hésperus o vesper, mentre per lo splendore che assume al mattino prima dell’alba, era chiamato dai greci heosfóros e dai latini lucifer. I Padri della Chiesa hanno fatto questa analogia: come nel cielo di mattina poco prima del levar del sole vediamo splendere più di qualsiasi stella il pianeta Venere, allo stesso modo, fra gli angeli, ve ne era uno che prima della sua caduta splendeva in bellezza più di ogni altro fra gli angeli di Dio. Fu a seguito di quest’analogia che vari Padri della Chiesa applicarono il termine Lucifer a quello che era il più luminoso degli angeli, poi ribellatosi a Dio. Tale appellativo gli venne attribuito nella tradizione cristiana come il suo nome proprio, ma tale denominazione non si riscontra espressamente nella Sacra Scrittura. Lucifer (in italiano Lucifero), più che un vero e proprio nome del diavolo, è una immagine quanto mai espressiva per indicare quello che all’inizio era il più stupendo angelo creato da Dio, divenuto successivamente, per sua libera scelta, il capo degli spiriti angelici ribelli a Dio. Numerosi teologi e Padri della Chiesa (Origene, Tertulliano, Cipriano, Ambrogio, Cirillo Alessandrino, ecc.) adoperarono il termine Lucifer, che di per sé esprime una condizione felice, per indicare Satana, che nel Nuovo Testamento è presentato come capo dei demoni, i quali lo aiutano nella sua azione perniciosa in mezzo agli uomini. Il nome Lucifer, così, venne ad avere un senso malefico.
DAL PRIMITIVO SPLENDORE ALLE TENEBRE DEL MALE
Un altro testo, nel quale la tradizione cristiana ha ravvisato un riferimento esplicito alla caduta degli angeli, è il capitolo 28, vv. 11-15.17 del profeta Ezechiele, dove leggiamo: «Figlio dell’uomo, intona un lamento sul principe di Tiro e digli: Così dice il Signore Dio: Tu eri un modello di perfezione, pieno di sapienza, perfetto in bellezza; in Eden, giardino di Dio, tu eri coperto d’ogni pietra preziosa. (…). Eri come un cherubino protettore, ad ali spiegate; io ti posi sul monte santo di Dio e camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Perfetto tu eri nella tua condotta, da quando sei stato creato, finché fu trovata in te l’iniquità. Il tuo cuore si era inorgoglito per la tua bellezza, la tua saggezza si era corrotta a causa del tuo splendore: ti ho gettato a terra e ti ho posto davanti ai re, perché ti vedano». Per spontaneo adattamento, molti Padri della Chiesa hanno spesso applicato anche questo passo della Sacra Scrittura alla caduta di Lucifero e degli altri angeli ribelli. In questo testo, Ezechiele si riferiva al re di Tiro profetizzando la sua caduta[6] e lo paragonava nel suo splendore a un «cherubino protettore ad ali spiegate». Molti Padri hanno visto, in questo cherubino, l’immagine del primo degli angeli che, dallo stato del suo primitivo splendore, cadde per propria colpa nel disonore e nella vergogna della sua nuova situazione; mentre, nelle «pietre di fuoco» in mezzo alle quali camminava, di cui parla Ezechiele, hanno scorto una allusione agli altri angeli, che lo hanno seguito nella sua ribellione contro Dio.
Esaltandosi per lo splendore e la perfezione della natura spirituale ricevuta da Dio nella creazione, Lucifero che – in virtù della sua intelligenza, cosa comune a tutti gli angeli, poteva conoscere la verità e il bene in modo più perfetto, di quanto non sia possibile all’uomo – invece di accettare la propria condizione con docile obbedienza, tramite un atto di una volontà libera, decise di voltare le spalle a Dio contro la verità della conoscenza che aveva di Lui quale suo Bene totale e definitivo.
In altri termini, Lucifero ha scelto contro la Grazia, ha opposto un rifiuto al suo Creatore, spinto da un senso di falsa autosufficienza e presunzione di sostituirsi a Dio nel governo del mondo spirituale e materiale, pretendendo con superbia quella preminenza e quegli onori che spettano solo a Dio; esigendo per sé l’adorazione, che è dovuta esclusivamente a Dio. Lucifero pertanto si pose in un atteggiamento di avversione nei confronti di Dio, che si manifestò con un’aperta ribellione proponendo se stesso, in alternativa a Dio, davanti a tutti gli angeli. Il libro dell’Apocalisse ci rivela che un terzo degli angeli fu persuaso da Lucifero decidendo di seguirlo nella rivolta ed eleggendolo come loro capo e signore al posto di Dio (cfr. Ap 12,4). Dopo questa decisione scaturì in lui e negli angeli che lo seguirono, un odio permanente verso Dio.
IL PADRE DELLA MENZOGNA
Passiamo al Vangelo secondo Giovanni, capitolo 8, v. 44. Gesù dice: «Egli [il diavolo] era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna». Con queste parole Gesù vuol dire che il diavolo, sin da principio, non è stato dalla parte della verità e della vita: sin dall’inizio, infatti, ha rifiutato Dio, uccidendo così la vita di Dio in se stesso e ora, per invidia, cerca di ucciderla anche negli uomini. La falsità ha origine in lui e quindi appartiene a lui, perché, sin dall’inizio, ha affermato la pretesa menzognera di poter essere come Dio in contrapposizione al vero Dio. Il diavolo ha sempre cercato il proprio interesse e la propria grandezza e non l’amorevole e umile servizio, come ha fatto Gesù quando è venuto nel mondo. Il diavolo ha perseverato nel peccato e tuttora persevera. Il suo non è un peccato commesso nel passato e limitato a quella originaria disobbedienza contro Dio: è una colpa nella quale egli, insieme agli altri angeli ribelli, persevera sempre e si è confermato per tutta l’eternità. Satana e i suoi alleati, pervertitisi, sono essi stessi agenti di perversione[7]. La Sacra Scrittura attesta questa azione corruttrice di Satana fin dall’inizio della storia degli uomini dove egli, cominciando dai nostri progenitori, cerca in tutti i modi «di trapiantare lo stesso atteggiamento di rivalità, di insubordinazione o di opposizione a Dio, che è diventato quasi la motivazione di tutta la sua esistenza» (cfr. San Giovanni Paolo II, Udienza Generale del 13 agosto 1986).
PECCATORE E ISTIGATORE DEL MALE
Anche nella Prima lettera di Giovanni, al capitolo 3, v. 8, si afferma che il diavolo è peccatore sin dall’inizio. Scrive infatti Giovanni: «Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché da principio il diavolo è peccatore». In qualunque modo si vogliano intendere le parole «da principio» (dal principio della creazione degli angeli o dal principio della creazione degli uomini), quello che risulta evidente è che il diavolo è definito «peccatore» e padre e causa di peccato.
UN DUPLICE GIUDIZIO
Nella Lettera di Giuda e nella Seconda lettera di Pietro troviamo dei riferimenti molto espliciti riguardo la caduta degli angeli. Al v. 6 della Lettera di Giuda leggiamo: «E tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del grande giorno, gli angeli che non conservarono il loro grado, ma abbandonarono la propria dimora». Nella Seconda lettera di Pietro, al capitolo 2, v. 4, leggiamo:
«Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò in abissi tenebrosi, tenendoli prigionieri per il giudizio». Giuda (Taddeo) ci presenta gli angeli nel loro «grado» iniziale e poi nella perdita di tale grado, cioè di tale dignità; Pietro parla espressamente di un loro peccato. La caduta degli angeli ribelli risulta, perciò, da questi testi come una realtà generalmente accettata nella Chiesa, ma già conosciuta e accolta anche nella fede di una gran parte della comunità giudaica. Pietro, infatti, nella sua Seconda lettera – come pure Giuda Taddeo nella sua Epistola – scrive alle comunità cristiane della prima generazione, di matrice giudaica, evidentemente ben informate su questo avvenimento. Sembra inoltre indubbio, secondo questi passi, che agli angeli ribelli sia riservato un duplice giudizio: uno già avvenuto subito dopo la loro colpa; il secondo (nella stessa direzione del primo) definitivo, alla fine del mondo. Giuda Taddeo infatti dice che Dio «li tiene in catene eterne, nelle tenebre per il giudizio del gran giorno»; e in maniera analoga Pietro dice: «Serbandoli per il giudizio».
MI-CHA-EL: CHI COME DIO?
Un altro passo della Sacra Scrittura, nel quale la tradizione cristiana ha riconosciuto la descrizione della caduta degli angeli ribelli, è il testo del libro dell’Apocalisse, al capitolo 12, vv. 7-9, dove ci viene rivelato che «Scoppiò (quindi) una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli». È questo l’unico testo della Sacra Scrittura dove siamo informati che alla ribellione del drago – cioè di Satana e degli angeli suoi alleati – seguì la reazione degli angeli rimasti fedeli a Dio, con a capo Michele, in ebraico «Mi-cha-El», che significa «Chi come Dio?». Sappiamo che il nome dei singoli angeli indica per noi la loro specifica missione nei nostri confronti e della creazione in genere. Essendosi questo angelo mostrato al grido di Mi-cha-El, il più ardito e il primo a lottare per l’onore di Dio, fu posto da Dio a capo delle schiere celesti.
Il suo nome, Mi-cha-El, esprime nel medesimo tempo sia un grido di amore e di fedeltà nei confronti di Dio, sia di umile e profonda riconoscenza nei confronti della Sua infinita grandezza e bontà. In tal modo Michele si contrappone alla superbia e alla sfrontata presunzione di Satana, che sta affermando di essere come Dio, senza esserlo realmente. Mi-cha-El, Chi come Dio? è quindi anche un’affermazione di verità su Dio, che Satana vuole negare.
Il nome Mi-cha-El, infine, descrive anche il compito di Michele nell’ordine della creazione: egli combatté e combatte tuttora contro Satana ricordandogli che nessuno è come Dio. Questo passo dell’Apocalisse, riguarda, pertanto, certamente un evento del passato, ma anche un avvenimento che continua nel presente e si estende al futuro: come già nel mondo angelico Michele condusse la lotta contro Satana e lo debellò (Ap 12, 9), così sta avvenendo ora pure sulla terra[8].
COME STELLE CHE SI SPENGONO, UN TERZO DEGLI ANGELI PRECIPITÒ SULLA TERRA
Sempre nel libro dell’Apocalisse, al capitolo 12, vv 3-4, leggiamo: «Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra». Secondo la maggior parte degli esegeti[9] l’immagine di un terzo delle stelle del cielo, trascinate giù dalla coda del drago, rappresenta la caduta degli angeli cattivi, che hanno seguito Satana[10]. Dando uno sguardo complessivo ai testi che abbiamo esaminati, risulta chiara e ben fondata, nella Sacra Scrittura, la rivelazione della caduta degli angeli[11].
LA SUPERBIA, CAUSA DELLA CADUTA DEGLI ANGELI RIBELLI
Riferendosi al libro della Sapienza (2,24), dove si dice che «per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono», alcuni Padri – come san Cipriano, san Gregorio Nisseno e sant’Ambrogio – ritennero che il motivo della colpa dei demoni andasse ricercata nell’invidia verso Adamo, creato a immagine di Dio. Lucifero e gli angeli a lui solidali sarebbero stati gelosi, nei nostri riguardi, perché non sopportavano l’idea che gli uomini, creati con una natura che essi consideravano inferiore alla loro – essendo composta di spirito e di materia – fossero creati a immagine di Dio. E, per di più, gli angeli avrebbero dovuto servire non solo Dio, ma anche gli uomini! In seguito, però, prevalse progressivamente la convinzione che il motivo della colpa di Lucifero dovesse ricercarsi nella compiacenza disordinata della propria perfezione. Tale versione fu sostenuta, tra gli altri, da sant’Agostino e da san Gregorio Magno: Lucifero e gli altri angeli ribelli si sarebbero insuperbiti, perché non accettarono la loro condizione di creature. A questo atteggiamento negativo, seguì poi l’invidia nei nostri confronti. Infatti, divenendo da angeli demoni, vorrebbero impedire a tutti gli uomini di raggiungere la beatitudine eterna – che essi hanno colpevolmente perso per sempre – e trascinarli alla dannazione con loro[12]. L’invidia, dunque, è sicuramente una spinta irresistibile nei demoni, ma gli autori cristiani sono quasi tutti concordi nell’affermare che la caduta degli angeli ribelli è avvenuta innanzitutto per superbia. Ciò appare chiaro già nei due testi dell’Apocalisse, che abbiamo sopra esaminato.
In un altro passo della Sacra Scrittura – tratto dalla Prima lettera di san Paolo a Timoteo – troviamo una prova ulteriore che avvalora l’ipotesi del «peccato di superbia» commesso dagli angeli. Enumerando le qualità necessarie a coloro che esercitano un ministero nella Chiesa, l’Apostolo afferma che un vescovo non deve essere qualcuno che si è convertito da poco alla fede cristiana, «perché accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo» (1Tm 3,6). Con queste parole san Paolo dice chiaramente che il diavolo fu condannato per superbia e chi monta in superbia si fa simile al diavolo, cadendo di conseguenza nella sua stessa condanna.
Quindi, alla luce della Sacra Scrittura, siamo autorizzati a ritenere che il peccato degli angeli ribelli sia stato un peccato di superbia: essa è la radice della loro colpa ed è anche la radice del peccato dei nostri progenitori. Secondo san Tommaso, come vedremo, la superbia si manifesta in un desiderio disordinato della propria eccellenza. La tradizione cristiana ha considerato la superbia il primo e il principale dei vizi capitali, da cui si originano, nella vita dell’uomo, tutti gli altri. «Principio della superbia infatti è il peccato; chi ne è posseduto diffonde cose orribili» (Sir 10,13).
L’INGANNO DI SATANA
Per molti teologi anche le parole che il serpente rivolse a Eva: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gen 3,5), rivelano che l’essenza del peccato degli angeli è stata la superbia. Satana, infatti, inganna i nostri progenitori con la menzogna, insinuando che, se avessero disubbidito a Dio e negato la loro dipendenza dal loro Creatore, sarebbero stati come Dio. In realtà l’obiettivo di Satana era quello di sottrarre gli uomini al vero Dio, per condurli sotto il suo potere. Nel piano di Dio i primi uomini erano già a immagine e somiglianza di Dio, ma erano chiamati con tutti gli uomini a divenire ancora più simili a Lui (cfr. 1Gv 3,1-4). Quindi «sareste come Dio» non è una proposta del tutto falsa perché gli uomini sono chiamati da Dio a raggiungere questa similitudine, ma il diavolo ha giocato e gioca su questa verità, per proporre una via ingannevole che in realtà non porta al raggiungimento della somiglianza con Dio.
UNA CONFERMA NELLE PAROLE DEL MAGNIFICAT?
Vari autori cristiani ritengono che vi sia una ulteriore conferma, a sostegno del peccato di superbia da parte del capo degli angeli ribelli, nelle parole del Magnificat: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,51-52). La Vergine Maria si riferirebbe qui non solo alla superbia dell’uomo, ma innanzitutto alla superbia del diavolo. Nella Omelia II sull’Annunciazione, composta tra il VI e il VII secolo e attribuita a Gregorio taumaturgo, vescovo di Cesarea nel Ponto, commentando le parole «Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore» l’autore dice: «Cioè ha disperso lo stesso diavolo e tutti i demoni che militano con lui. Egli (il diavolo) infatti era sicuramente superbo nel suo cuore dal momento che osò dire: “Salirò sulle regioni superiori delle nubi, al di sopra delle stelle di Dio, mi farò uguale all’Altissimo” (Is 14,14). Come poi di fatto Dio lo ha disperso, il profeta lo dichiarò in seguito, quando affermò: “E invece sei stato precipitato nell’inferno” (Is 14,15), e così pure tutti i tuoi eserciti».
IRREMISSIBILITÀ DEL PECCATO DEGLI ANGELI
Gli angeli sono esseri puramente spirituali, cioè non costituiti come noi uomini di materia e spirito, ma di solo spirito, non sono pertanto condizionati, né limitati dalla mediazione della conoscenza attraverso i sensi, come invece avviene in noi e perciò sono consapevoli della grandezza dell’Essere infinito di Dio. La scelta fatta da Lucifero e dagli altri angeli ribelli, fu pertanto totale, definitiva e irreversibile.
Il motivo di questa scelta radicale contro Dio appare come follia, ma è spiegato dall’accecamento prodotto dalla sopravvalutazione della perfezione del proprio essere, che spinse prima Lucifero, poi gli altri spiriti che lo seguirono, a preferire se stessi al punto di negare l’eccellenza dell’essere di Dio, che esigeva un atto di libera amorevole riconoscenza della propria dipendenza da Lui.
Il loro peccato è quindi irremissibile, non perché Dio non offre loro la sua misericordia, ma perché non vogliono e non possono chiedere perdono. Essi vogliono fermamente quello che hanno scelto: un rifiuto netto, cosciente e irrevocabile dell’amore e della misericordia di Dio[13].
Si comprende allora il motivo per cui tra i sette sacramenti, quello più odiato dai demoni è il sacramento della Confessione, perché quando riconosciamo con umiltà e sincerità i nostri peccati e li confessiamo, facciamo quello che essi nella loro smisurata superbia non vogliono fare e mai faranno: umiliarsi davanti a Dio, riconoscere che Dio è il Creatore e il Signore e noi siamo sue creature. Noi invece riconoscendo che Dio è il nostro Creatore e che in Gesù Redentore, ci offre il suo infinito amore e la sua infinita misericordia, confessiamo umilmente i nostri peccati e chiedendo perdono, gli manifestiamo al contempo il proposito sincero di non volerci arrendere ai nostri peccati, e di volerli combattere per non farli più, ecco allora che troveremo sempre Gesù misericordioso con le sue braccia spalancate per accoglierci nel suo cuore, perdonarci e darci forza per la nostra battaglia contro il male.
LUCIFERO E GLI ANGELI CHE LO HANNO SEGUITO NON HANNO ACCETTATO CHE LA LORO CREAZIONE, DA PARTE DI DIO, FOSSE SUBORDINATA ALLA SUA ETERNA DECISIONE DI FARSI UOMO
Alcuni autorevoli autori cristiani, seguenti ai Padri della Chiesa, affermano che Lucifero montò in superbia quando Dio gli rivelò anticipatamente di voler assumere la natura umana. Lucifero volendo essere lui al centro dell’universo e considerando la nostra natura umana inferiore alla sua natura angelica, non accettò la scelta di Dio di volersi incarnare nell’umanità e di conseguenza non accettò nemmeno che la Donna, dalla quale Dio sarebbe nato come vero uomo, fosse elevata al di sopra delle creature umane e angeliche, diventando così Regina degli uomini e degli angeli.
Spesso, noi esorcisti, mentre celebriamo il ministero di liberazione che la Chiesa ci ha affidato, sentiamo i demoni protestare insistentemente, pieni di odio e di rabbia nei confronti di Dio, perché non tollerano che Dio stesso si sia fatto uomo in Cristo, assumendo la nostra natura umana, che essi considerano inferiore alla loro natura angelica. E non tollerano che la sua Madre, benché costituita, come ogni creatura umana, di spirito e materia cioè di anima e corpo, sia stata elevata al di sopra degli angeli, che sono spiriti senza materia. I demoni, infatti, disprezzano la materia, da loro valutata come qualcosa di basso e di inferiore, e non accettano che sia stata invece così nobilitata da Dio.
Essi non hanno accettato che la loro creazione, da parte di Dio, fosse subordinata alla sua eterna decisione di farsi uomo, mediante l’Incarnazione; di entrare cioè nel mondo della materia, dello spazio e del tempo per rendere gli uomini partecipi della divina natura. La creazione degli angeli, da parte di Dio, fu orientata infatti, fin dall’inizio, verso la sintesi del mondo materiale e spirituale, costituita appunto dall’Uomo. L’incontro di queste due dimensioni – materiale e spirituale – avrebbe avuto al suo centro l’avvenimento dell’Incarnazione: il Verbo di Dio avrebbe preso carne, per mezzo della Vergine Maria, e si sarebbe fatto uomo. Nel progetto di Dio, quindi, è il Verbo, la seconda Persona della Santissima Trinità, il Figlio – che prende carne e si fa uomo – a dare consistenza e significato a tutto l’universo, compresi gli angeli stessi. Dio, però, sapeva che Lucifero e una parte degli angeli non avrebbe accettato ciò; sapeva che essi avrebbero usato del dono della libertà per rifiutare Lui e il suo progetto d’amore su tutta la creazione, introducendo in essa il male, che nella creazione originaria non c’era. Per questo, sin dagli inizi della creazione, Dio stabilì che l’Incarnazione del Verbo sarebbe stata anche redentiva, al fine di salvare le creature umane. Mentre creava, quindi, Dio pensava al Figlio fatto uomo – cioè Cristo Gesù – come Redentore e alla Madre sua, cooperatrice con il Figlio Redentore.
DIO RISPETTA IL LIBERO ARBITRIO DELLE SUE CREATURE
Non si può attribuire a Dio l’ingresso del male nel mondo: da lui non può mai venire il male, né egli può essere considerato “causa” del male ma causa creativa di esseri liberi. L’origine del male va fatta risalire piuttosto alla libertà limitata, sia degli angeli sia degli uomini: essa, poiché finita, è esposta al fallimento, come osservano Sant’Agostino e S. Tommaso d’Aquino. Per impedire il male, Dio avrebbe dovuto creare degli esseri privi di libertà e d’intelligenza: ma, in questo modo, avrebbe negato loro la capacità di compiere il bene con consapevolezza. La libertà esige, invece, la possibilità di scegliere o di non scegliere il bene: e anche il Bene supremo, che è Dio. Se consideriamo la nostra esperienza umana, dobbiamo riconoscere che ogni autentico legame affettivo non può fondarsi sulla costrizione: l’amore è vero se proviene da una libera scelta. Dio, che è amore, per ottenere l’amore delle sue creature si espone addirittura al rischio del loro insensato rifiuto. Proprio perché è amore, Dio non può stabilire né verso gli angeli né verso gli uomini rapporti di padronanza o di sudditanza: l’amore di Dio, o lo si accoglie liberamente o non lo si accoglie. La disponibilità all’amore unisce le creature angeliche e umane a Dio, portandole a raggiungere la felicità eterna: ma questa accoglienza, questa apertura all’amore di Dio è sempre un movimento interiore libero e volontario della creatura. Dio non può imporci l’amore per Lui, perché nel momento in cui lo imponesse, non potrebbe più essere amore. Ecco perché ha dovuto crearci liberi: per darci la possibilità di aprirci al suo amore e così poter partecipare della sua natura divina e conseguire la beatitudine eterna. Se avesse creato gli angeli e gli uomini senza libertà, sarebbero stati incapaci di amare e quindi incapaci di conseguire il fine stesso della loro esistenza, che è l’amore perfetto, nella felicità eterna della visione beatifica di Dio-Trinità.
Della libertà, però, è possibile un uso santo e corretto o un riprovevole abuso: Dio non poteva -per i motivi sopra esposti- costringerci a un uso positivo di essa, escludendo la possibilità che ce ne servissimo male. Il disordine consiste nella drammatica scelta dell’angelo o dell’uomo di impugnare la propria libertà per opporsi a lui, rifiutando il suo amore o l’amore delle altre creature. È quest’atteggiamento che orienta l’angelo e l’uomo verso la perdizione eterna. Senza libertà, dunque, non ci si può salvare: o ci si salva liberamente o ci si perde liberamente. Ecco perché Dio, pur volendo per tutte le sue creature la beatitudine eterna, ha dovuto rendere possibile anche la perdizione eterna. Egli non predestina, però, nessuno all’inferno: è la creatura stessa che sceglie, liberamente, uno stato di perdizione.
Senza dubbio, vi sono uomini che, approfittando della libertà che lui ha dato loro, la usano per offenderlo e credono di poter essere felici senza di lui. Dio ci ama così tanto da rispettare la nostra libertà, anche se decidiamo di allontanarci da lui per tutta l’eternità e quindi di odiarlo per sempre.
LA METAMORFOSI DI LUCIFERO E DEGLI ANGELI CHE LO SEGUIRONO
Nell’istante in cui Lucifero e gli altri angeli ribelli decisero di opporsi a Dio, di costituire un loro regno anti divino e di essere gli eterni nemici di Dio, avvenne in loro una immediata orribile trasformazione. Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCCC) al n. 74, in relazione a questa metamorfosi così si esprime: «angeli creati buoni da Dio, si sono trasformati in malvagi, perché, con libera e irrevocabile scelta, hanno rifiutato Dio e il suo Regno, dando così origine all’Inferno».
Da quel momento Lucifero pur conservando la sua natura angelica, non fu più portatore della luce e della bellezza di Dio, diventando un essere mostruoso, manifestando in sé il massimo dell’orrore al quale sia mai giunta la creatura distaccatasi dal Creatore. In questa nuova e tremenda condizione la Sacra Scrittura gli attribuisce diversi nomi: «Diavolo, Satana, Maligno, Tentatore, serpente antico, drago». Gli angeli ribelli che lo hanno seguito li definisce invece con termini quali: «spiriti maligni, spiriti immondi, demoni».
I DEMONI TENTANO DI ASSOCIARE GLI UOMINI ALLA LORO STESSA RIBELLIONE A DIO
Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCCC) al n. 74 – già citato – prosegue dicendo: «Tutta l’opera dei demoni in mezzo agli uomini è tentare di associarli alla loro ribellione contro Dio». In che modo essi cercano di associare noi uomini alla loro stessa ribellione contro Dio? Cercando di persuaderci a stravolgere il criterio del bene e del male che Dio ci ha dettato. Dio solo conosce perfettamente ciò che è vero e buono per noi e in forza del suo stesso amore ce lo propone nei Comandamenti. Scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor: «La legge di Dio, non attenua, né tanto meno elimina la libertà dell’uomo, al contrario la garantisce e la promuove» (n. 35). Satana, invece, quando disse alla prima coppia umana: «Sarete come Dio, se farete quello che io vi dico» insinuò e continua ancora a oggi a insinuare all’uomo, la menzogna che sarà felice e realizzato se seguirà un percorso diverso da quello da Dio indicato. Partendo dalla verità del fine per cui Dio ha creato l’uomo e cioè «raggiungere la similitudine con Lui per partecipazione alla sua natura divina, in Cristo, e per mezzo di Cristo», Satana con perfidia e inganno presenta all’uomo il raggiungimento di tale similitudine non per la via della grazia e dell’amore gratuito di Dio in Cristo, ma attraverso innumerevoli e ingannevoli vie che in realtà suscitano ribellione e opposizione a Dio perché accendono nell’uomo il desiderio di voler diventare come Dio, ma senza Dio, giungendo così al punto di considerarsi illusoriamente egli stesso Dio al posto di Dio. E così l’uomo assolutizza se stesso, perché giunge a credere falsamente, di potersi sostituire all’assoluto divino[14].
Poter essere come Dio, ma senza Dio, è la grande menzogna con cui Satana tenta gli uomini di ogni tempo, con lo scopo, in realtà, di staccarli da Dio per portarli all’eterna rovina. Non potendo combattere direttamente Dio, Satana vuole vendicarsi su di lui sottraendogli noi suoi figli, affinché anche noi perdiamo per sempre ciò che lui e gli altri angeli ribelli hanno perso per sempre.
Ribadiamo che gli angeli ribelli sanno che -differentemente da loro, che per la propria natura angelica, attraverso un solo atto decisero di se stessi in maniera irreversibile- gli uomini non stabiliscono con un sola scelta la loro destinazione ultima, perché la natura umana ha bisogno di molti atti per giungere ad essere a favore o contro Dio per sempre[15].
Satana, quindi, durante tutto il corso della vita terrena degli uomini sa che deve sforzarsi di tentare noi uomini per orientare le nostre scelte in direzione opposta al nostro vero bene, pertanto come operò nel mondo angelico affinché gli angeli non accettassero con riconoscenza Dio, loro Creatore, come Capo e Signore, e si propose ad essi in alternativa a Lui, così ora egli cerca di proporsi agli uomini, attraverso l’inganno del peccato, come loro capo e signore. Tutto il suo agire tra gli uomini è finalizzato a impedire che la natura umana si unisca alla natura divina, impedire che l’uomo si unisca a Dio o se è già unito, che si separi da Lui. Inoltre ritiene che maggiore sia il numero delle persone che riesce a portare al peccato e a perseverare in esso, più possa estendersi il suo dominio nel mondo intero.
Si tenga presente che per tentarci egli si serve di due potenti alleati, che usa come due armi:
1) la nostra natura umana che in conseguenza del peccato originale fu inclinata verso il male;
2) il mondo, inteso nel senso morale, cioè l’influenza perniciosa che proviene dagli uomini che vivono nel peccato e lo diffondono nella società.
Dio è venuto in nostro aiuto mandando il suo Figlio Gesù Cristo nel mondo per redimerci dal peccato e liberarci dal potere di Satana.
LA LOTTA CONTRO IL MALE È PER L’UOMO OCCASIONE DI CRESCITA SPIRITUALE
Per quanto nel mondo seguiteranno sino alla fine dei tempi a manifestarsi le conseguenze del peccato originale, grazie però alla Redenzione operata da Gesù, gli uomini hanno la possibilità di giungere alla salvezza eterna in Paradiso, pertanto, anche se Satana e i demoni rimangono sempre attivi nel mondo, non possono nuocere alla nostra anima se noi non acconsentiamo volontariamente al peccato che essi ci suggeriscono.
Per quanto la loro opera di seduzione e di persecuzione sia piena d’insidie, quando ci tentano noi possiamo vincerli con la grazia che Cristo ci ha meritati con la sua Incarnazione, Morte e Risurrezione che otteniamo attraverso la nostra comunione con Lui per mezzo della preghiera, dei sacramenti e della nostra personale adesione ai suoi insegnamenti attraverso i quali, ci vengono donati gli stessi sentimenti del suo Cuore. Tale grazia, nella misura in cui è da noi accolta, ci rende partecipe della stessa vittoria di Cristo su Satana che così diventa anche la nostra vittoria. Questo è anche il motivo per cui Dio lascia che gli spiriti demoniaci siano ancora attivi nel mondo: Dio permette la loro azione nei nostri confronti perché attraverso la nostra resistenza ci dà l’occasione di attualizzare nella nostra vita la vittoria del Figlio e di progredire spiritualmente con atti di virtù. Abbiamo così l’occasione per purificarci e crescere in una comunione sempre più stretta con Dio, avanzando nel cammino di santità. Resistendo alle tentazioni, noi ne traiamo, quindi, un beneficio spirituale perché con la grazia di Cristo, resistendo e respingendole, anziché essere motivo di caduta nel peccato, diventano occasioni di rafforzamento nella virtù e di progresso spirituale.
In tal modo i demoni divengono loro malgrado servi del Signore, o piuttosto suoi schiavi: «È per fare più grandi i nostri meriti, più pure e più alte le nostre virtù, più rapido il nostro cammino verso di Lui, che Dio permette al diavolo di tentarci e di metterci alla prova» (cfr. San Tommaso D’Aquino, Commento alla lettera agli Ebrei, 12, 6). «Se vi domandano perché Dio abbia lasciato sussistere il demonio (dopo la sua ribellione), rispondete: Dio l’ha lasciato perché, lungi dal nuocere agli uomini attenti e vigilanti, il demonio divenga loro utile. Non certo per il fatto della sua volontà, che è perversa, ma grazie alla coraggiosa resistenza di coloro che fanno volgere la sua malizia a loro vantaggio» (San Giovanni Crisostomo, Terza omelia sui demoni). La nostra reazione, contro l’azione del demonio, diventa un mezzo di progresso spirituale.
Insegnava Paolo VI in una sua catechesi: «Quale difesa, quale rimedio opporre all’azione del demonio? …Tutto ciò che ci difende dal peccato ci ripara per ciò stesso dall’invisibile nemico. La grazia è la difesa decisiva. L’innocenza assume un aspetto di fortezza. E poi ciascuno ricorda quanto la pedagogia apostolica abbia simboleggiato nell’armatura d’un soldato le virtù che possono rendere invulnerabile il cristiano (cfr. Rom. 13, 1-2 ; Ef. 6, 11, 14, 17; 1 Ts. 5; 8). Il cristiano dev’essere militante; dev’essere vigilante e forte (1 Pt. 5, 8); e deve talvolta ricorrere a qualche esercizio ascetico speciale per allontanare certe incursioni diaboliche; Gesù lo insegna indicando il rimedio «nella preghiera e nel digiuno» (Mc. 9, 29). E l’Apostolo suggerisce la linea maestra da tenere: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci nel bene il male» (Rom. 12, 21; Mt. 13, 29) (Paolo VI Udienza Generale 15 novembre 1972).
«Questa inevitabile lotta è quindi da interpretarsi come una realtà estremamente positiva. Proprio questo conflitto è il luogo della nostra purificazione e della nostra crescita spirituale, in tal modo impariamo a conoscere noi stessi nella nostra debolezza e Dio nella sua infinita misericordia. È, in definitiva, il modo scelto da Dio per la nostra trasfigurazione e la nostra glorificazione. Ma la lotta spirituale del cristiano, pur essendo talvolta dura, non è mai la guerra disperata di chi si batte in solitudine, alla cieca, senza nessuna certezza circa l’esito dello scontro. È la lotta di chi combatte con assoluta certezza che la vittoria è assicurata, perché il Signore è risorto: “Non piangere più; ecco, ha vinto il Leone della tribù di Giuda” (Ap 5, 1). Così, non combattiamo da soli con le nostre forze, ma con il Signore che ci dice: “ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9) e la nostra arma principale non è la naturale fermezza del carattere o l’abilità umana, ma la fede, questa totale adesione a Cristo che ci permette anche nei momenti peggiori, di abbandonarci con fiducia cieca a Colui che non ci abbandonerà. «Tutto posso in Colui che mi dà la forza» (Fil 4, 13). Ed ancora: “Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?” (Sal 26,1). Il cristiano dunque lotta con energia, chiamato com’è a resistere “fino al sangue nella lotta contro il peccato” (Eb 12,4). Lo fa però con cuore tranquillo e la lotta è tanto più efficace quanto più il suo cuore dimora nella pace. Perché è proprio questa pace interiore che gli permette di lottare non con le proprie forze -che verrebbero meno- ma con quelle di Dio»[16]. «È unicamente la grazia di Dio che ci darà la vittoria e la sua azione sarà tanto più potente e rapida, se sapremo mantenere l’anima nostra in pace ed abbandonarci con fiducia nelle mani del Padre»[17].
NOTE:
[1] Quando, nel Vangelo, Cristo pronuncia la parola Satana, si sta chiaramente riferendo a un essere angelico, che Lui stesso riconosce come capo e condottiero degli angeli ribelli. Nel testo di Matteo, giunto a noi nella sua versione greca (nel quale l’evangelista usa indistintamente il termine Satana o il termine diavolo), al momento del Giudizio finale Gesù esclama: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25,41). Diavolo o Satana indicano lo stesso essere, mentre l’espressione «i suoi angeli» si riferisce piuttosto ai demoni posti al suo servizio. Il libro dell’Apocalisse lo conferma pienamente quando, al capitolo 12, vv. 7-9, dice: «Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli». Questi testi, dunque, rivelano con chiarezza che esiste un condottiero degli angeli ribelli, chiamato da Gesù e da tutta la Sacra Scrittura Satana.
[2] «Come una folgore» suggerisce l’idea di una caduta istantanea, dirompente e inarrestabile.
[3] Alcuni traducono solo: «Come mai sei caduto dal cielo, stella splendente dell’aurora?». La recente edizione della Sacra Bibbia della CEI (Conferenza episcopale Italiana) a cura della UELCI (Unione Editori E Librai Cattolici Italiani), 2008, traduce: «Come mai sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora? ».
[4] È la raccolta dei libri dell’Antico Testamento (AT) scritti in greco. Si dice «Settanta» perché secondo la tradizione giudaica antica (cfr Lettera di Aristea) sono 70 (o 72) i traduttori incaricati di scrivere il Pentateuco in lingua greca dal faraone Tolomeo II Filadelfo, intorno al 250 a.C., ad Alessandria d’Egitto. Tale traduzione venne a far parte – secondo la tradizione – della biblioteca di Alessandria. In seguito il nome Settanta (LXX) fu applicato anche alla traduzione in greco degli altri libri della Bibbia ebraica e ai libri dell’A.T. che ci sono pervenuti solo in lingua greca.
[5] Il suo significato ha a che fare con lo splendore, però potrebbe forse anche essere un nome proprio usato per indicare Venere, il più luminoso astro della sera, che ancora brilla più degli altri, al mattino, poco prima dell’alba.
[6] Storicamente tale caduta non si è verificata. Ezechiele stesso, però, o comunque la sua scuola, sente il bisogno di attribuire alla parola divina, un riferimento al fatto che anche il re di Tiro -come ogni uomo- finirà nell’Ade. Origene, d’altra parte, nota che i termini usati da Ezechiele sembrano superare, poeticamente e profeticamente, tutto ciò che potrebbe essere detto d’un sovrano terreno e prospetta, perciò, la possibilità che Ezechiele si riferisse in maniera diretta al capo degli angeli ribelli.
[7] Il beato papa Paolo VI ha sintetizzato tutto questo nelle due note espressioni attribuite a Satana: «pervertito e pervertitore».
[8] Alla sconfitta di Satana si accenna, come abbiamo già visto, in Lc 10,18 e in Gv 12, 31. In quest’ultimo passo Giovanni riporta le parole di Gesù: «Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori ». Pur continuando la battaglia tra Dio e Satana, il Cristo morto e risorto è il segno dell’inizio di quella vittoria su Satana, che si compirà pienamente alla fine dei tempi. Cristo morto e risorto segna la fine del potere di Satana sugli uomini e l’inizio di un mondo nuovo.
[9] Cfr. La Bibbia di Gerusalemme, Edizioni Dehoniane, Bologna 1974, p. 2642; L’Apocalisse, commenti a cura di C. Doglio, in La Bibbia, Piemme, Casale Monferrato (AL) 19962, p. 3105; Bibbia TOB (Traduction Oecuménique de la Bible), Elledici, Leumann-Torino 1992, p. 2888 (con richiamo anche a p. 2883).
[10] L’azione di abbattere le stelle appartiene al linguaggio apocalittico (cfr. per es. nell’Antico Testamento Dan 8,10) e, in questo caso, evoca la caduta degli angeli come nel settenario delle trombe (Ap 8,7-11). Cfr. anche Ap 9,1ss.: « Il quinto angelo suonò la tromba: vidi un astro caduto dal cielo sulla terra; egli aprì il pozzo dell’Abisso… »; il brano termina con questo versetto: « Il loro re [delle cavallette, nda] era l’angelo dell’abisso, che in ebraico si chiama Abáddon cioè Perdizione, [o anche distruzione, nda], in greco Apóllyon, cioè Sterminatore [o anche distruttore, nda] » (il testo biblico greco riporta: “Il loro re era l’Angelo dell’abisso che in ebraico si chiama Abáddon e in greco si chiama Apóllyon”, Ap 9,11).
[11] Dobbiamo dire che nell’Antico Testamento non si pone direttamente la domanda circa l’origine di Satana, ma si presenta soltanto la sua azione nefasta e devastatrice nel mondo. Il Nuovo Testamento, invece, chiarisce la radice della condotta di Satana e dei demoni suoi alleati, rivelandoci che si tratta di angeli decaduti.
[12] Satana è un termine che deriva dall’ebraico sātān, che significa «avversario, nemico, persecutore, accusatore, calunniatore»: in greco è chiamato diábolos (diavolo, alla lettera «uno che scaglia qualcosa in mezzo, uno che si getta di traverso »), nel senso di « separare, dividere ». Il diavolo e i demoni, divorati dall’invidia nei confronti degli uomini, non perseguono altro fine se non quello di «separarci da Dio, dividerci da Lui, farci perdere la comunione con Lui e la felicità eterna».
[13] Nell’istante in cui Lucifero e gli altri angeli ribelli decisero di opporsi a Dio, scelsero anche di rimanere per sempre in tale opposizione, senza ritornare sulla loro decisione. La natura angelica è tale che attraverso un solo atto decide di se stessa in maniera irreversibile. Quando un angelo prende una decisione è definitiva, per cui aderisce in maniera irremovibile alla sua scelta e non può cambiarla più proprio per la sua natura completamente spirituale.
[14] «L’uomo incomincia la sua storia di peccato quando non riconosce più il Signore come suo Creatore, e vuole essere lui stesso a decidere, in totale indipendenza, ciò che è bene e ciò che è male. «Voi diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gn 3,5): questa è la prima tentazione, a cui fanno eco tutte le altre tentazioni, alle quali l’uomo è più facilmente inclinato a cedere per le ferite della caduta originale» (Veritatis splendor, n. 102).
[15] La natura umana, in altri termini, non è capace, come quella angelica, di arrivare attraverso un solo atto alla bontà assoluta o alla perversione inconvertibile. Ecco perché il peccato della prima coppia umana pur essendo stato gravissimo, non è stato un male irrimediabile per Adamo ed Eva e per gli uomini venuti dopo di loro. Nel peccato originale ci sono delle attenuanti: 1°) Adamo ed Eva furono tentati, cioè ci fu un tentatore che li ingannò. 2°) In quanto esseri umani e quindi composti di anima e corpo, non erano capaci con un solo atto di operare una scelta radicale e irreparabile del male come lo è invece per un puro spirito. Il peccato commesso dai progenitori, quindi, pur nella sua gravità e con tutte le conseguenze dolorosissime che ne derivarono, lasciò ad essi e a tutti gli altri uomini che sarebbero venuti dopo di loro il margine alla conversione, la possibilità di ravvedersi. Tale possibilità sappiamo che non è più attuabile per l’uomo solo dopo la morte.
[16] Jacques Philippe, La pace del cuore; Edizioni Dehoniane Bologna, 2000, pag. 11-12.
[17] Ivi, pag. 14.